luglio 30, 2012

ISLAM E FEMMINISMO. Seminario. Relazioni di Souheir KATKHOUDA


Souheir Katkhouda

Presidente ADMI, Associazione Donne Musulmane in Italia, membro dell’European Forum of Muslim Women (EFOMW)







1-      LA DONNA ARABA AGLI ALBORI DELL’ISLAM: TEOLOGHE, FILOSOFE E SCIENZIATE

Fin dall’inizio della Rivelazione la donna ha avuto un ruolo importantissimo.
La prima persona che ha creduto nel Profeta Muhammad*  fu una donna: Khadija.
Grande donna d’affari conosciuta alla Mecca, oltre che per la sua ricchezza, per la sua onestà, la sua generosità e per le sue qualità morali. Khadija era una grande commerciante, che aveva alle sue dipendenze numerosi uomini, ai quali dava lavoro. Lo stesso Muhammad*, aveva lavorato come commerciante alle sue dipendenze. Khadija aveva dato un importantissimo sostegno morale e materiale al Profeta*, che ha detto di lei:
 “Ha creduto in me prima di chiunque altro, mi ha creduto quando la gente mi accusavadi falsità e mi ha sostenuto con i suoi beni quando la gente mi ha privato.”
Il sostegno di Khadija al Profeta* fu quindi fondamentale per la rapida diffusione dell’islam, visto che fu anche grazie al sostegno economico di Khadija che Muhammad* potè dedicarsi completamente alla trasmissione del Messaggio.
L’anno in cui Khadija morì, fu chiamato dal Profeta Muhammad “‛àmu-l-huzn”, ossia “l’anno della tristezza”, per esprimere il grande vuoto lasciato da Khadija.
Le prime donne che si convertirono all’islam scelsero l’islam anche perché avevano capito che quel Messaggio divino costituiva una liberazione da ogni forma di oppressione ed ingiustizia e quindi anche dalle oppressioni maschiliste che caratterizzavano la società meccana pre-islamica, e quindi si impegnarono con grande intelligenza e tatto dando un contributo non indifferente alla diffusione dell’islam stesso.
Tra le tante voglio ricordare Um Shuraik, che molto astutamente (date le pesanti restrizioni e le violente persecuzioni messe in atto nei confronti dei primi musulmani) decise di tener nascosta la propria adesione all’islam per poter muoversi più liberamente tra le donne della Mecca per parlare loro della nuova Rivelazione che costituiva tra l’altro anche una liberazione per la donna, che prima dell’avvento dell’islam era praticamente considerata un oggetto: gli uomini ad es. potevano sposare un numero illimitato di donne, e alla morte di un uomo il figlio ne ereditava persino le mogli… L’islam è venuto anche per ridare alla donna la stessa dignità dell’uomo, che Dio le ha dato fin dalla sua creazione .
Grazie all’intelligenza di Umm Sharik molte donne sentirono parlare dell’islam e divennero musulmane.
‛Umar ibn Al-Khattab (che in seguito sarebbe diventato il secondo califfo dopo la morte del Profeta*) abbracciò l’islam grazie alla provocazione che sua sorella gli aveva lanciato. Dopo aver saputo che sua sorella Fatima era diventata musulmana, ‛Umar si recò da lei furibondo (prima di diventare lui stesso musulmano ‛Omar era uno dei più acerrimi nemici dei musulmani), la trovò che stava recitando il Corano insieme al marito, e la colpì così violentemente da farla sanguinare, lei allora esclamò: “Recitiamo il Sacro Corano e lo facciamo che ti piaccia o no!”. Colpito dal coraggio e dalla decisione della risposta di lei, ‛Omar le chiede di mostrargli i versetti che stava leggendo. E così anche ‛Umar divenne musulmano grazie al coraggio e alla determinazione di Fatima bint Al-Khattab.
All’inizio della rivelazione i musulmani furono duramente perseguitati. Uomini e donne venivano barbaramente torturati perché rinnegassero la loro religione, l’islam. Durante queste persecuzioni moltissime donne hanno dimostrato un coraggio e una determinazione enormi.
Il primo martire nell’islam fu una donna, Sumaya, che aveva preferito morire dopo essere stata barbaramente torturata, piuttosto che rinnegare il proprio credo. I musulmani ricordano con orgoglio il fatto che fu una donna la prima persona che sacrificò la propria vita in nome del diritto dell’uomo e della donna di scegliere il proprio credo.
In generale possiamo dire che l’Islam ha dato a donne e uomini, non solo gli stessi doveri, ma anche gli stessi diritti.
In un hadith il Profeta* promette la salvezza dall’inferno ai genitori che avranno educato allo stesso modo i figli maschi e le figlie femmine, per quanto riguarda il diritto all’istruzione i genitori musulmani hanno l’obbligo di educare allo stesso modo i figli maschi e le figlie femmine e di dare loro le stesse opportunità. Infatti fin dagli albori dell’islam le donne frequentavano insieme agli uomini tutte le riunioni nelle quali il Profeta* insegnava. Una delle conseguenze di ciò è che moltissimi hadith (= detti del Profeta) ci sono stati trasmessi da donne.
‛Aicha ad esempio è famosa, tra l’altro, per aver trasmesso 2.210 tra detti, precetti ed insegnamenti del Profeta*, che sono dopo il Corano, la seconda fonte della giurisprudenza islamica. E come ‛Aicha numerose altre donne hanno contribuito alla raccolta e alla trasmissione dei detti del Profeta*. Dopo la morte di Muhammad* ‛Aicha divenne il principale punto di riferimento per i musulmani in materia religiosa, uomini e donne quando avevano un dubbio su una determinata questione che riguardava il credo o la pratica religiosa si rivolgevano a ‛Aicha. Quando il Profeta* morì, ‛Aicha era ancora molto giovane ed istruì più di una generazione di uomini e donne.
Fin dagli albori dell’islam, le donne, oltre che assistere alle assemblee, discutevano i loro punti di vista alla presenza del Profeta* e dei califfi, e non esitavano a consigliarli o a correggerli. Famoso è l’episodio in cui il Profeta fu consigliato dalla moglie Umm Salamah e non esitò a mettere in pratica con successo il suo consiglio .
Un altro episodio molto famoso è quello della donna che all’interno della moschea di Medina, apostrofò ‛Umar ibn Al-Khattab, diventato califfo dei musulmani, per segnalargli un errore di giudizio che lui riconobbe seduta stante. ‛Umar aveva pensato di porre un limite alle doti che i mariti devono offrire alle loro spose in occasione del matrimonio. Quando il Califfo dichiarò dal pulpito che la dote non deve essere superiore a quaranta Dirham, la donna esclamò: “non ne hai il diritto!”. ‛Umar le chiese perché non avrebbe dovuto avere il diritto di porre un limite alla dote, e la donna rispose: “perche Iddio ha detto nel Corano: “…Anche se avessi dato ad una donna un intero tesoro in dote, non riprendertene la minima parte, lo riprendereste per ingiustizia e peccato manifesto.” (Q. 4:20   ). Appena udito ciò ‛Umar disse: “qesta donna ha ragione e  ‛Umar ha torto” e proclamò: “o gente avevo vietato di dare una dote di una somma più alta di quaranta dirham, chiunque voglia dare in dote quanto gli pare lo faccia pure!”
Al-Shifà’ bint ‛Abdullah bin ‛Abdi Shams, era un’altra donna conosciuta per la sua intelligenza e per la sua saggezza, veniva spesso consultata dal Califfo ‛Umar che la stimava molto, le pagava le sue consulenze e le aveva affidato il controllo amministrativo sul mercato. Ricopriva in pratica il ruolo di ministro del commercio.
Le donne hanno avuto un ruolo fondamentale ed insostituibile non solo al tempo del Profeta ma anche durante i secoli successivi. Numerose erano le donne scienziate nei campi più svariati: dalla medicina all’astronomia, dalla letteratura alla teologia, dalla ginecologia all’oftalmologia, dalla pediatria alla dermatologia. Esse erano attive in tutti i campi della vita pubblica ed avevano dato il loro contributo non solo nell’ambito della ricerca scientifica e della diffusione della scienza e della conoscenza, ma anche in ambito economico, politico e sociale. Impossibile citarle tutte, perché esistono intere enciclopedie storiche in lingua araba in cui sono elencati i nomi di moltissime di donne e le loro biografie, una di queste è: “A‛làm al-nisà’” di Omar Rida Kahhala, pubblicata nel 1977 dalle edizioni Mu’assasat Al-Risàla.
D’altronde sono, oltre agli insegnamenti del Profeta, gli stessi versetti del Corano che invitano uomini e donne a collaborare, ad impegnarsi gli uni a fianco delle altre e a dare ciascuno il proprio contributo per il benessere in questa vita e nell’aldilà. Dice l’Altissimo nel Santo Corano: “I credenti e le credenti sono alleati gli uni degli altri, ordinano il bene e proibiscono ciò che è riprovevole…”(9:71,72)
“In verità non farò andare perduto nulla di quello che fate, uomini o donne che siate, perché gli uni venite dagli altri…”(3:195)
“In verità per i musulmani e le musulmane, per i credenti e le credenti,… per i leali e le leali, per i benefattori e le benefattrici, per quelli che spesso ricordano Dio e per quelle che spesso ricordano Dio, Dio ha disposto perdono ed enorme ricompensa.” (33:35)
“Daremo in terra una vita eccellente a chi, credente, maschio o femmina che sia, si comporti bene e nela vita futura adeguata ricompensa.” (16:97)
Un’altra donna molto conosciuta è Zubayda bint Ja’far, vissuta tra il 145 h.  e il 216 h. (fine dell’VIII secolo d.C.) moglie di Harun Al-Rashid, capo dello Stato islamico in uno dei periodi più fiorenti della storia del mondo islamico. Era una grande poetessa e amava adornare le sue stanze con tende decorate con le sue poesie più belle. Aveva insegnato a leggere e a scrivere a ben 100 delle dame di corte che vivevano nel suo palazzo. Si occupava anche di moda e aveva introdotto numerose novità per quanto riguarda l’abbigliamento femminile. Era conosciuta per la sua saggezza e la sua intelligenza e per questo era una delle principali consigliere del califfo, suo marito. Aveva contribuito con il proprio patrimonio personale alla costruzione di scuole, ospedali, moschee e acquedotti. L’opera che l’ha resa famosa è la costruzione di un importantissimo acquedotto costruito interamente a sue spese alle porte della Mecca, acquedotto che ha preso il suo nome: ‘Ain Zubayda, l’acquedotto di Zubayda. Nell’anno 186 h. Zubayda si era recata in pellegrinaggio alla Mecca e aveva notato che uno dei principali problemi dei pellegrini era la scarsità d’acqua, aveva quindi ordinato la costruzione di un’imponente acquedotto che rendeva l’acqua disponibile non solo alla Mecca ma anche per diversi chilometri attorno alla Mecca, visto che i pellegrini venivano da ogni parte del mondo.
Sakina bint Al-Hussain ibn ‛Ali era una grande poetessa, la sua casa era diventata una scuola di poesia e un luogo d’incontro per poeti e letterati che venivano a confrontarsi con lei, a imparare da lei e a recitare le loro poesie, e lei giudicava quali fossero le migliori
‛Aicha bint Talha era praticamente cresciuta in casa del Profeta*, era stata allieva di Aicha la moglie del Profeta*. Sua madre era Umm Kulthum bint Abi Bakr Al-Siddiq. divenne una scienziata nel campo dell’astronomia, oltre alla sua profonda conoscenza delle scienze del Hadith, della poesia araba e della storia degli Arabi.
Era conosciuta anche per la bellezza del suo viso e per la sua eleganza, riceveva a casa sua scienziati, poeti e letterati per confrontarsi con loro e per istruirli.
‛Amra bint ‛Abdirrahman era stata anche lei un’allieva di ‘Aicha ed era una scienziata nel campo della giurisprudenza islamica. Grandi scienziati come Al-Zohri e Yahya ibn Ma‛in ed altri furono suoi allievi. Quando il califfo Omar ibn ‛Abdel‛aziz ordinò che i Hadith venissero raccolti per iscritto, raccomandò che venissero trascritti tutti i Hadith riportati da ‛Amra.
Nafisa bint Hasan ibn Zayd ibn Hassan ibn ‛Ali, era nata alla Mecca nel 145 h. (762 d.C.). Scienziata nel campo del tafsìr, l’esegesi del Corano. Uno dei suoi più celebri allievi è stato Al-Shafi‛i, nel periodo in cui visse in Egitto.
Ukht al-Hafid ibn Zohr: era una scienziata nel campo della medicina, vissuta in Andalusia ai tempi del califfo Al-Mansùr Abu Yusef. Erano scienziate in medicina anche le due figlie di Al-Hafid ibn Zohr e Bint Dahn Al-luz Al-Dimashqiya, specializzate nella pediatria e nella ginecologia.
Numerose donne musulmane conoscevano e praticavano la medicina già agli albori dell’islam, tra queste: Rufaida, Um Salim, Um Sinan, Amina bint Qays Al-Ghifariya, Ku‛ayba bint Sa‛d Al-Aslamiya, e Al-Shifà’ bint ‛Abdullah.
Um ‛Atiya Al-Ansariya era specializzata nella pediatria e nella chirurgia e praticava la circoncisione.
Rufayda Al-‘Aslamia era un’esperta infermiera e aveva creato il primo ospedale da campo, al tempo del Profeta Muhammad, durante la battaglia di Al-Khandaq, una delle battaglie più impegnative. Era costituito da una tenda in cui Rufaida curava i feriti.
Al tempo degli Omayyadi: Zaynab, Tabibat Bani Aud, era specializzata nell’oftalmologia.
Dice Gustave Lebon nel suo libro La civiltà araba:  ”Il fatto che moltissime donne fossero celebri per l’alto livello delle loro conoscenze sia nel campo della letteratura che delle scienze dimostra l’importanza del ruolo delle donne per il fiorire della civiltà islamica. Troviamo nel periodo in cui governavano gli Abbasidi un numero non indifferente di scienziate in Oriente, e nel periodo in cui governava la dinastia degli Omayyadi le scienziate erano altrettanto numerose in Spagna.”
I secoli che seguirono furono nel mondo islamico secoli di stagnazione e di decadenza. dal punto di vista scientifico ci fu quasi un arresto della ricerca e una notevole diminuzione della produzione di testi che trattavano di argomenti scientifici e religiosi. Diminuì così anche il numero delle donne impegnate in questo campo. Con l’estendersi del mondo islamico inoltre si diffusero pratiche, credenze e consuetudini pre-islamiche che per ignoranza venivano attribuite all’islam stesso. Molte di queste credenze riguardavano il ruolo della donna, che venne in molti casi messo in secondo piano
Nonostante il diffondersi di queste credenze e le conseguenti difficoltà, numerose furono le donne che ebbero la possibilità di istruirsi e di istruire, con la differenza rispetto ai secoli precedenti, che la maggior parte di loro appartenevano alle classi più alte della società. Alcune di loro oltre ad aver istruito numerose donne, istruirono anche numerosi uomini, come ad es:
Shahda Al-Daynuryya,. Era una delle più grandi scienziate e scrittrici del suo tempo. Nacque a Baghdad e morì nel 574 h., dava lezioni di storia e di poesia, tra i suoi allievi c’era anche il celebre scrittore e filosofo Ibn Al-Jawzi e Al-Shafi‛i
Asmà’ bint Ibrahim, morta nel 1308 d.C., insegnava Corano e le scienze legate al Corano. 
Alif bint ‛Abdallah ibn ‛Ali Al-Kattani, morta nel 1474 d.C., che aveva insegnato tra gli altri anche al Sakhawi.
E molte altre scienziate che popolavano le fastose corti di quel tempo, venivano invitate dai califfi e dai principi ad istruirli e ad istruire i loro figli.
Dal 1200 in poi molte delle scuole più famose del mondo arabo erano state aperte grazie a donne che avevano investito parte del proprio patrimonio per la costruzione di scuole.
Ad es. le due più famose scuole di Damasco erano state costruite a spese di Sitt Al-Sham bint Ayyub ben Shadi, la sorella di Salah Al-Din Al-Ayyubi, morta nel 1219 d.C..
Altre due importanti scuole di Damasco sono state istituite rispettivamente da Khadija bint Al-Malek Sharafeddin (1261) e ‛Aicha la moglie di Shuja‛eddin Al-Dammagh.
Anche quando il mondo arabo islamico è stato colonizzato, le donne hanno avuto un ruolo importante, basti ricordare a questo proposito i nomi di quattro donne: Aicha Taimur, Zaynab Fuaz, Anisa Shartuni (nata a Beirut nel 1883) e Malak Hafni Nasef. Queste 4 donne si sono preoccupate in particolare di migliorare la situazione della donna durante il colonialismo e dell’importanza della sua istruzione.
Aicha Taimur ad es. era egiziana, nata al Cairo nel 1840, profonda conoscitrice della grammatica e della letteratura araba e della giurisprudenza islamica. È autrice di tre raccolte di poesie: in arabo, in turco e in persiano, e di un poema. Autrice anche di numerosi articoli in cui parla dell’importanza dell’istruzione della donna e della sua partecipazione attiva in tutti i campi della vita sociale.
Non posso non ricordare a questo punto una donna molto conosciuta nel mondo arabo per il suo impegno e per la sua determinazione: Zainab Al-Ghazali. Durante gli anni ’50 e ’60, durante il sanguinario governo di Nasser (Egitto), furono imprigionati migliaia di oppositori politici, molti dei quali hanno subito la pena capitale. di conseguenza molte famiglie si sono trovate in difficoltà tra l’altro anche economica. Zaynab Al-Ghazali ha costituito un’associazione per sostenere le famiglie dei prigionieri politici ed era molto impegnata per aiutare le persone socialmente in difficoltà. Per questo motivo è stata lei stessa imprigionata per più di vent’anni ed è stata sottoposta a torture indescrivibili. È sopravvissuta a tutto questo e una volta uscita di prigione nonostante il suo fisico fosse ormai debilitato da tutto ciò che aveva subito, ha continuato la sua attività al servizio dei più deboli.
È autrice di un libro, un’autobiografia intitolata Ayyam min hayati, un libro molto toccante che spero venga tradotto in italiano.
Concludo citando Tawakkul Karman, una donna musulmana praticante che porta il velo che ha ricevuto nel 2011, insieme ad altre due donne, il Premio Nobel per la Pace, “per la loro battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell'opera di costruzione della pace", un riconoscimento internazionale per il suo impegno per la libertà, la democrazia e il rispetto dei diritti umani di tutti i popoli che chiedono libertà e dignità. La Karman, più volte arrestata durante le manifestazioni pacifiche, è una giornalista yemenita, madre di tre figli, avvocato, fondatrice e  presidente dell'associazione 'Giornaliste senza catene', membro del partito politico “Raggruppamento yemenita per la riforma”, branca yemenita dei Fratelli Musulmani.
Come donna considero questo premio un riconoscimento all'impegno di tutte le donne musulmane che si sono battute e che si stanno battendo pacificamente, a fianco degli uomini, in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, in Siria o in qualsiasi altra parte del mondo. Durante la “Primavera Araba” le donne sono sempre state in prima fila insieme agli uomini per chiedere pacificamente libertà, dignità e democrazia, pagando molto spesso con la loro stessa vita, o con quella dei loro cari. La storia è e sarà testimone anche di questo loro grande contributo per il progresso dell’umanità verso il dialogo e la convivenza pacifica.
Testo preparato dalla dottoressa:Nibras Breigheche Membro del direttivo nazionale delle Associazione Donne Musulmane d’Italia (ADMI), Membro del direttivo dell’Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose, Addetta al dialogo interculturale e interreligioso
Bibliografia:
مة المعاصرة, مؤسسة الرسالةفصة احمد حسن, أصول تربية المرأة المسلح
Hafsa Ahmad Hasan, La donna musulmana di oggi, Resalah Publishers, Beirut (Libano) 2001



        2-     Il ruolo della donna nei diversi contesti politici del mondo arabo e nelle odierne rivoluzioni . La primavera araba E le sue ricadute sulle donne immigrate

Vi saluto con il saluto dell’islam, pace su di voi, e vi ringrazio per questo seminario ben studiato che ha voluto evidenziare il ruolo delle donne arabe e musulmane nel cambiamento che sta avvenendo dall’altra parte della sponda del Mediterraneo, stiamo vivendo un periodo storico,  gli anni 2011 e 2012,  passeranno alla storia umana come anni del cambiamento radicale per i popoli arabi e islamici, che sono scesi nelle piazze per chiedere libertà , dignità, diritti umani e giustizia sociale.
Quello che sta succedendo nel mondo arabo, sta a dimostrare che è terminato un periodo nel quale quasi tutti i paesi arabi hanno convissuto con la paura.
Hanno convissuto con la repressione, spesso feroce, con sistemi assolutamente autoritari, dittatoriali, dispotici, con una componente di corruzione molto evidente, con dei regimi che hanno escluso per anni buona parte della popolazione dalla partecipazione alla vita pubblica e politica, non solo impaurendo ma anche rimproverando.
Le manifestazioni popolari hanno dimostrato che il clima di paura e di terrore è terminato e siamo di fronte all’avvio di un nuovo processo politico e sociale, le popolazioni dei paesi arabi non sono più disposte a sopportare né le condizioni economiche né le condizioni politiche in qui vivevano da anni.
C’è da dire che questi movimenti non nascono dal nulla, non nascono come mera sollevazione spontanea per rivendicare il pane; stiamo parlando di popoli che hanno una storia millenaria, hanno una coscienza e un senso di sé come tanti altri popoli nel mondo, soprattutto hanno una storia di lotta di liberazione dal giogo del potere colonialista.
In alcuni periodi le popolazioni si sono mosse in termini di rivolta, di ribellioni, anche se essendo popolazioni disarmate senza aiuti esterni, spesso sono state represse nel sangue.
Molti degli attivisti sono stati torturati, incarcerati, esiliati, spesso con il silenzio e il sostegno delle grande potenze che sono rimasti in silenzio rispetto alle violazioni di diritti elementari delle popolazioni.
Abbiamo assistito All'ondate di rivolte che ha coinvolto la Tunisia, l'Egitto, la Libia e lo Yemen e siamo di fronte alla rivoluzione siriana che dura da 14 mesi, tutti questi popoli hanno avuto un unico obiettivo quello di abbattere i regimi dittatoriali al potere da decenni di anni e riconquistare libertà, democrazia, diritti umani e giustizia sociale.
qui eventi hanno smentito le teorie di coloro che sostengono che il mondo arabo non abbia altre possibilità se non quella di vivere sotto il giogo assassino della dittatura o sotto quello del totalitarismo islamico.
il mondo intero è testimone che i popoli arabi hanno manifestato in modo popolare pacifico e civile per la loro libertà e dignità che è stata negata per troppo tempo.
sotto lo sguardo attonito del mondo intero, giovani donne e giovani uomini si sono ritrovati in prima fila in quelle manifestazioni che hanno restituito ai popoli arabi la speranza nel cambiamento nel quale non credevano praticamente più.
Il mondo intero ha potuto notare la presenza, la partecipazione e l'impegno delle donne in questi eventi epocali, donne che si sono mobilitate nella rete oltre che nelle piazze, per protestare, condannare la repressione, organizzando manifestazioni, esprimersi pubblicamente anche tramite articoli e reportage e resistere a fianco degli uomini, al fine di far cadere la dittatura ed esigere la volontà del popolo sia rispettata.
Quelle rivolte hanno smontato gli stereotipi ed i pregiudizi diffusi in Europa sulle donne arabe musulmane, secondo i quali esse sarebbero sottomesse, relegate solo a determinati ruoli private della loro libertà.
Analizzando lo scenario sociale e umano che si presenta di fronte agli occhi di chi volge lo sguardo verso il mondo arabo, a partire dal celebre episodio di Buazizi, ci rendiamo conto che ci troviamo di fronte ad una rivoluzione umana che non presenta le caratteristiche che  di solito si intendono quando si usa il termine rivoluzione.
Si tratta infatti di rivolte che non sottostanno ai parametri della politica e della sociologia, e che non mirano solo a far cadere dei sistemi politici dittatoriali, ma a provocare dei cambiamenti radicali nella vita politica, sociale e umana in un’area che subisce ancora un “colonialismo” indiretto.
Non c’è da stupirsi se il popolo tunisino ha chiamato questi regimi con l’eloquente nome di “bande di ladri”, perché hanno privato i popoli del Nord Africa e del Medioriente della loro reale indipendenza prendendo il posto dei colonizzatori e facendo le loro veci. I paesi che prima erano colonizzatori sono stati successivamente i migliori alleati dei regimi dittatoriali che sono subentrati dopo la fine del colonialismo, prendendosi gioco di intere popolazioni che pensavano di aver raggiunto l’indipendenza.
Siamo di fronte a una seconda lotta per l’indipendenza, per liberarsi dai luogotenenti dei colonizzatori di qualche decennio fa.
Centinaia di migliaia di fotografie, video, reportage, dirette televisive dalla Tunisia, dall’Egitto, dallo Yemen, dalla Siria, dalla Libia mostravano milioni di donne non solo a fianco degli uomini, ma in testa ai cortei, ricoprendo ruoli direzionali e ai vertici dell’organizzazione, ponendo fin dall’inizio le basi degli ideali della rivolta ed essendo tra le prime ad aver invitato alla rivolta.
In Tunisia la coraggiosa Lina Ben Almahni ha organizzato tre delle grandi manifestazioni che hanno fatto cadere il regime di Ben Ali.
In Egitto milioni di donne, con il velo, senza velo, con il volto coperto e con le forme più varie di abbigliamento manifestavano, contribuivano a curare i feriti, a organizzare la viabilità e la sicurezza, a ripulire le strade, a preparare i pasti, venendo loro stesse ferite o uccise, come Saly Zahran e tante altre, o imprigionate come la 22enne Asma Mahfuzh, la principale organizzatrice delle manifestazioni per la caduta di Mubarak ripresa in un video celebre che ha fatto il giro del mondo; dopo 8 mesi non è stata ancora rilasciata dopo essere stata imprigionata con l’accusa di aver offeso gli uomini della sicurezza e i rappresentanti del regime.
Donne di ogni astrazione sociale e di religioni diverse in Yemen e in Egitto hanno riempito le piazze e le strade, in Yemen, con il loro vestito tradizionale di colore nero, hanno formato vere e proprie cascate di “oro nero”, la cui vitalità e la cui energia esplosiva non ha meno potere nel provocare cambiamenti nell’attuale ordine mondiale dello stesso petrolio.
3. Tawakkul Karman, riguardo alla quale ha scritto il nobel Paolo Coehlo, passerà alla storia per il fatto di essere la prima donna araba, la prima donna che porta il hijab islamico, oltre ad essere la più giovane ad aver ricevuto un Premio Nobel per aver avuto un ruolo importantissimo ai vertici dell’organizzazione delle rivolte in Yemen che hanno fatto cadere un regime dittatoriale che durava da 33 anni.
L’assegnazione di questo Premio Nobel alla Karman è il riconoscimento mondiale che non c’è contraddizione tra l’essere musulmana praticante e l’essere allo stesso tempo militante attiva per i diritti delle donne, e questo mette a tacere definitivamente tutti gli intenti “civilizzatori” nei confronti della donna musulmana.
In Libia Iman Al 3Abidi, giornalista libica, è entrata con la forza nella sede della stampa internazionale, per denunciare con coraggio davanti a tutte le telecamere del mondo, gli stupri subiti da numerosissime donne da parte dei mercenari di Gheddafi.
Stessa sorte subita da altrettante donne in Siria per mano delle bande di criminali assassini fedeli ad Assad che usano la vile arma dello stupro nei confronti di donne, uomini e perfino bambini, con l’obiettivo di piegare la volontà di un popolo che vuole liberarsi dalla completa sottomissione al regime che lo opprime da 40 anni.
In Siria Tall Al Maluhi, ragazza diciassettenne, è stata la prima della primavera Siriana ad essere imprigionata e torturata e trattata esattamente come sono stati trattati i prigionieri di Guantanamo.
Dopo di lei Suher Al Atassi è stata la prima a trovare il coraggio di accendere una candela in sostegno alle rivolte di Tunisia ed Egitto, ed è stata per questo schiaffeggiata, quello schiaffo sul volto passerà alla storia per essere lo schiaffo che ha spinto il popolo siriano a scendere in piazza a gridare “il popolo siriano non vuole sottomettersi!”
È uno dei peggiori modelli di colonialismo quello che è stato per 50 anni alleato dei regimi oppressivi del mondo arabo e di altre parti del mondo.
E che è rimasto loro alleato fino all’ultimo momento che ha preceduto la loro caduta. 
Un colonialismo culturale che fomenta il razzismo, l’odio, e un certo femminismo che soffre di complessi di superiorità nei confronti delle donne e degli uomini di altre culture, al punto da far scomparire l’altro dalla sua letteratura e da elevare muri nei suoi confronti.
Facendo finta che di fatto non esista questo “altro”.
Migliaia di donne arabe e musulmane che sono scrittrici, giornaliste, intellettuali, ricercatrici, non trovano spazio nei mezzi di informazione occidentali e nell’opinione pubblica. Come se di fatto fossero fantasmi.
Queste rivolte hanno permesso che l’immaginario e la concezione della donna musulmana inizi a cambiare, non solo nel mondo arabo, ma nel mondo intero.
Una rivoluzione che è uno tsunami che sta sradicando completamene ciò che di marcio c’era nelle società arabe, come certe abitudini e certe tradizioni che non hanno nulla a che fare con la civiltà che l’islam ha eretto.
Possiamo notare anche  che l’occidente non vede più nel hijab delle donne musulmane una forma di sottomissione visto che la sorella Karman è stata ricevuta dal ex presidente della Francia  Sarkozy al palazzo dell’Eliseo, lui autore della legge contro il velo islamico nelle scuole francesi in nome della laicità,  ha ormai compreso dopo questa rivoluzione delle donne che il velo islamico  non impedisce alle donne di conquistare la libertà ed essere protagoniste.
Si tratta di una rivoluzione che ridisegna i tratti dell’essere umano (donna o uomo che sia) restituendogli la sua dignità e la sua libertà.
La libertà della donna deve rispettare i parametri scelti dalla donna stessa, nel rispetto dei suoi valori morali e del suo orientamento politico e religioso , non secondo i modelli imposti da culture “civilizzatrici” e colonizzatrici o secondo i modelli dei regimi oppressivi che vanno contro lo spirito dell’islam, la sua cultura e la sua morale.
Le donne arabe e musulmane insieme agli uomini, stanno chiedendo libertà, dignità, pace e sicurezza per le loro società e per il mondo intero.
Possiamo dire che la primavera araba è donna e il ruolo delle donne è stato fondamentale per la primavera araba, protagoniste delle rivolte che hanno fatto crollare i regimi al potere in Tunisia ,Egitto, Libia, e lo Yemen, attivamente impegnate anche nelle proteste siriane per far cadere uno dei regimi più sanguinari del mondo..
le donne stanno continuando il loro impegno politico per affermare i loro diritti, specialmente in questi momenti cruciali di fase elettorale e stesura delle nuove costituzioni, chiedono che i loro diritti siano formalmente riconosciuti e che il loro impegno politico porti a delle riforme in grado di cambiare veramente la vita delle donne nel mondo arabo.
 l'attivista libica Huda el abdelaziz Mohammad afferma che nelle riforme “deve essere imposta la presenza delle donne nel processo decisionale, inoltre la parità di genere deve diventare un elemento chiave nel programma di transizione verso la democrazia, di cui tener conto nelle riforme costituzionali e nelle realizzazione della futura costituzione libica".
Riporto anche  le parole del ministro per la cooperazione internazionale" Andrea Riccardi " al margine del convegno organizzato dalla comunità di S. Egidio sulla primavera araba : " il Nord e il Sud del mediterraneo devono costruire un nuovo quadro democratico facendo cadere diffidenze per fare posto alla cultura della simpatia tipica della nostra area.
 Grazie anche alla Primavera araba oggi abbiamo la possibilità di costruire un nuovo rapporto, in cui cristiani e musulmani, Occidente e mondo Musulmano, riscoprono valori di libertà e di democrazia".
Noi crediamo che tutti i popoli e tutti coloro i quali sostengono la libertà hanno il dovere di proteggere questi principi e di sostenere le nuove democrazie che stanno nascendo nel mondo arabo.
Noi come  donne musulmane che vivono in Italia abbiamo partecipato a questo cambiamento con numerose iniziative culturali, come il convegno annuale  che era svolto a Milano e Verona sottotitolo(la donna musulmana e la costruzione del cambiamento) il 7e8 maggio 2011, abbiamo organizzato manifestazioni in difesa dei diritti umani e delle donne nel mondo arabo, ci siamo impegnate con le organizzazioni umanitarie a fianco dei rifugiati e profughi, noi siamo con tutte le donne e i uomini di buona volontà che sostengono i popoli per ottenere la libertà, siamo fiere del contributo e del ruolo importantissimo che hanno avuto le donne arabe  per il successo ottenuto dalla primavera araba auspicando che la loro partecipazione sia effettiva anche nelle decisioni che porteranno alla creazione di nuovi sistemi politici rispettosi della democrazia e del pluralismo politico.
La partecipazione delle donne musulmane in tutti gli ambiti della vita pubblica e sociale è uno dei presupposti del loro essere cittadine e deve essere una delle loro principali preoccupazioni.
Anche dal punto di vista islamico essa ha le stesse responsabilità dell'uomo per quanto riguarda la promozione dei principi di giustizia e di solidarietà, tutta la nostra riconoscenza va alle giovani e ai giovani protagonisti del cambiamento nel mondo arabo, nella speranza di avere, insieme al mondo intero, un futuro migliore.  









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