agosto 30, 2012

Anche in Italia il libro di Amina Wadud "Il Corano e la donna"



Anche in Italia è stato pubblicato il libro di Amina Wadud, Il Corano e la donna. Rileggere il testo sacro da una prospettiva di genere.

Da anni Amina Wadud è in prima linea nella lotta per i diritti delle donne musulmane.

Il Corano e la donna, pubblicato in Indonesia nel 1992 e poi dalla Oxford University Press nel 1999 con il titolo Qur’an and Women. Rereading the Sacred Texts from a Women’s perspective, è il primo libro di Wadud e affronta la questione di una riforma dell’Islam «dall’interno», dal punto di vista femminile.

Nel saggio l’autrice rende evidente che per quattordici secoli il Corano è stato letto e interpretato in gran parte e quasi esclusivamente dagli uomini; secondo Wadud una partecipazione attiva delle donne allo studio del Corano, con senso critico e logico, può contribuire a rintracciare i loro diritti che sono già contenuti nel testo. È su tali basi che l’autrice giustifica la possibilità di una lettura interpretativa del Corano dal punto di vista femminile: «Sarà il mio compito sottolineare come l’ermeneutica del Corano, inclusiva delle esperienze delle voci femminili, possa rendere maggiore giustizia, in termini di genere, al pensiero islamico e dare realizzazione a quella giustizia nella prassi musulmana».

mg

agosto 22, 2012

TUNISIA. Migliaia di donne e uomini manifestano contro il progetto di riforma della Costituzione che vuole cancellare la parità di genere.




Il 13 agosto, 56° anniversario della promulgazione del Codice dello Statuto personale tunisino,  in migliaia, donne e uomini, si sono riversati nelle strade di Tunisi  per chiedere l’immediato ritiro della norma[1] inserita nel progetto di riforma della costituzione che vuole cancellare il principio di parità tra i sessi riducendo la donna a semplice complemento dell’uomo nell’ambito della famiglia e della società.


Secondo i partiti di opposizione e le numerose associazioni femminili raggruppate nella “Coalizione per le Donne Tunisine”[2] tale norma, voluta dal partito islamico moderato Ennahda che domina la coalizione al governo, getta le basi per lo smantellamento delle norme contenute nel Codice dello Statuto personale tunisino promulgato nel 1956 da Habib Bourguiba, norme fondate sul principio della parità di genere di cui la Tunisia vanta un primato nel mondo arabo[3].

La proposta di Ennahda sorprende se si considera che la parità di genere faceva parte del suo programma elettorale e che solo un anno fa, nell’agosto del 2011, all’indomani della “rivoluzione dei gelsomini”, il Consiglio dei ministri aveva adottato un progetto di decreto concernente l’eliminazione di tutte le riserve fatte dal governo tunisino alla “Convenzione Internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna” (CEDAW) con la legge di ratifica del 1985[4], ciò che significava l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti della donna e l’applicazione del principio di eguaglianza di genere in tutti i settori ed ambiti legislativi dell'ordinamento tunisino.


Al riguardo occorre anche sottolineare che la norma voluta da Ennahda si muove in senso diametralmente opposto a quello sancito dalla suddetta Convenzione che all’articolo 2 stabilisce proprio l'obbligo degli stati parte di inserire nella propria costituzione il principio dell'uguaglianza tra uomo e donna[5].

mg



 [1] L’articolo in discussione è il seguente: ”Lo Stato assicura la protezione dei diritti delle donne e delle loro conquiste, sotto il principio della complementarietà con l’uomo in seno alla famiglia e in quanto associata all’uomo nello sviluppo della patria. Lo Stato garantisce l’eguaglianza delle opportunità per le donne in tutte le responsabilità. Lo Stato garantisce la lotta contro qualsiasi tipo di violenza sulle donne.”
   [3] Dal 1956, anno del famoso codice di statuto personale (CSP), emanato dall’allora presidente Bourguiba che aveva fatto della parità fra i sessi uno dei pilastri della sua politica, la Tunisia è stata considerata all’avanguardia nel mondo arabo per i diritti della donna. In particolare: la poligamia è vietata e matrimonio e divorzio sono inquadrati dalla legge e legati al mutuo consenso dei due partner. Le donne sono uguali agli uomini non solo in tema di diritti sociali, ma anche per quello che riguarda il diritto al lavoro e all’educazione.
[5]Articolo 2- Gli Stati Parti condannano la discriminazione contro le donne in tutte le sue forme, convengono di perseguire con ogni mezzo appropriato e senza indugio una politica volta ad eliminare la discriminazione contro le donne e, a tal fine, si impegnano a: 
a) iscrivere il principio dell’uguaglianza dell’uomo e della donna nella loro costituzione nazionale o in altra disposizione legislativa appropriata, se non lo hanno ancora fatto, e assicurare, mediante la legge ed altri mezzi appropriati, la realizzazione pratica di tale principio;” (…omissis)

agosto 03, 2012

AFGHANISTAN, Lal Bibi, ragazza afghana che sfida le tradizioni tribali che schiavizzano la donna



Un caso senza precedenti quello di Lal Bibi, una ragazza afghana violentata da un gruppo di poliziotti, che sfida il codice talebano che ordina la sua uccisione o il suicidio. Si tratta di una tra le tante leggi tribali non scritte che vengono applicate dai tribunali talebani a cui molti afghani ricorrono, soprattutto nelle regioni rurali più povere dove altissimo è il livello di analfabetismo,  a causa di un sistema giudiziario statale inefficiente, caro e talvolta corrotto.
La ragazza, insieme alla sua famiglia e i notabili del suo paese, con l’appoggio di un iman della moschea, ha deciso di denunciare i suoi aggressori e ha chiesto giustizia. Afghan Women’s Network (AWN), organizzazione per la difesa dei diritti delle donne afgane, ha dato alla ragazza e a sua madre un rifugio, assistenza medica e legale.

Il coraggio di Lal Bibi e della sua famiglia non solo rompe la tradizione tribale,  ma mette a prova l’impegno assunto dal Governo afghano nei confronti dei diritti umani e della uguaglianza di genere.

Al caso è stato dato ampio risalto dalla stampa e dalle organizzazioni internazionali. UN WOMEN, l’entità delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere, ha chiesto che sia fatta giustizia. A sostegno di Lal Bibi è stata lanciata una petizione online.  

mg