settembre 29, 2012

TUNISIA, torna la parità di genere, una vittoria delle donne tunisine, ma la battaglia continua







Lunedì 24 settembre la Commissione di coordinamento e di redazione dell’Assemblea Nazionale Costituente (ANC) che ha il compito di garantire la coerenza tra le diverse sezioni del futuro testo costituzionale scritto dalle commissioni specializzate, ha abolito il concetto di "complementarità" della donna nei confronti dell’uomo e re-introdotto quello di "uguaglianza" tra i sessi. La nuova versione dovrà essere approvata  dall’Assemblea Nazionale Costituente in seduta plenaria, ma l'opinione generale è che non vi saranno ostacoli.

Nel mese di agosto la Commissione dei diritti dell'uomo e delle libertà dell’ANC aveva formulato un progetto di articolo della Costituzione, come proposto dall’ala fondamentalista del partito islamico-conservatore al governo, Ennahda, che stabiliva il principio di "complementarietà" della donna rispetto all’uomo, provocando così una ferma protesta della società civile e dell'opposizione.Vedi il nostro post del 22 agosto.
Alcune migliaia di manifestanti, uomini e donne, erano scesi in piazza il 13 agosto, durante la Giornata Nazionale delle Donne, chiedendo che il progetto venisse ritirato. Anche i membri dei partiti più moderati della coalizione al governo, a partire dal presidente Moncef Marzouki, avevano espresso il loro disaccordo. 
Il fatto aveva destato preoccupazione anche a livello internazionale e il Comitato delle Nazioni Unite che si occupa di vegliare sul rispetto da parte degli stati membri della Convenzione Internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna –CEDAW- aveva invitato l'assemblea tunisina a riformulare questa disposizione in quanto in palese contrasto con  l’art.2 della Convenzione che stabilisce il principio della piena uguaglianza tra uomo e donna.

Le donne in Tunisia beneficiano fin dal 1956 della legislazione più avanzata del mondo arabo, dopo la promulgazione del Codice di Statuto Personale voluto da Habib Bourguiba, padre dell'indipendenza del paese, che fece della parità di genere uno dei pilastri della sua politica legislativa. La nuova formulazione che il partito Ennahda voleva dare al testo costituzionale avrebbe posto le basi per uno smantellamento dei diritti delle donne contenuti nel codice.

Le donne e il popolo tunisino sono fieri della loro modernità e i membri del partito Ennahda ne sono consapevoli tanto che il suo leader, Rached Ghannouchi, durante la campagna elettorale che l’ha portato al governo, aveva promesso che il codice di Statuto Personale non sarebbe stato toccato.

Se questa battaglia è stata vinta un’altra a breve si profila.
Il 26 settembre una donna violentata da due poliziotti è stata denunciata per "insulto alla pubblica decenza".

Diverse organizzazioni, tra cui l' Asssociazione tunisina delle donne democratiche, la Lega tunisina per la difesa dei diritti umani e del Consiglio nazionale per le libertà,  hanno fermamente reagito di fronte a questo episodio di estrema gravità che vuole trasformare una vittima in imputato, responsabile del crimine che è stato commesso nei suoi confronti, e ciò al fine di dissuaderla dal presentare una denuncia nei confronti degli aggressori.

Una chiamata di protesta è stata lanciata sui social network. Il 2 ottobre, data in cui la giovane donna dovrà essere messa confronto con i due poliziotti, il popolo tunisino scenderà nuovamente in piazza. Leggi la notizia

mg


settembre 25, 2012

NORVEGIA, 29 anni, musulmana, nominata ministra della cultura




Hadia Tajik, 29 anni, musulmana è stata nominata venerdì scorso ministra della cultura norvegese.
«Nuovi valori, nuove forze, nuove idee», ha spiegato il primo ministro laburista Jens Stoltenberg.
Re Harald V, monarca norvegese, non ha dubbi: è un bene per il Paese che a guidare il ministero alla Cultura sia una giovane donna musulmana. Leggi tutta la notizia 

mg

settembre 19, 2012

PALESTINA, in memoria delle vittime della strage di Sabra e Shatila



Trent’anni fa, il 18 settembre 1982 si compiva il più grande massacro di profughi palestinesi della storia. I membri del partito cristiano-maronita libanese Falange, con la copertura dell’esercito israeliano che occupava militarmente Beirut, fecero strage di migliaia di rifugiati, soprattutto donne e bambini, nei campi profughi di Sabra e Shatila alla periferia di Beirut.
In un articolo pubblicato ieri su El Pais, il giornalista Ignacio Cembrero, all’epoca inviato speciale in Libano, così ci racconta la strage di cui è stato testimone oculare. Ne riportiamo la traduzione di alcuni brani rinviando la lettura dell’articolo integrale al testo linkato.

“Lì alla mia destra giacevano i corpi ammassati di decine di donne e bambini, molti di loro bebè,  buttati per terra. Li avevano ammazzati sparandogli o crivellandoli di coltellate. Prima di morire le madri avevano cercato di salvare i loro figli, così alcuni bebè erano sepolti sotto il corpo della loro madre o incuneati tra il loro seno perché non potessero assistere all’orrore…(omissis). Ricordo che contai più di 60 cadaveri, sebbene il numero totale dei morti alla fine si aggirasse intorno a 2.000, secondo stime attendibili. Erano quasi tutte donne. Alcune le più giovani con le gonne alzate o nude dalla cintola in giù perché probabilmente erano state violentate…(omissis). La Organizzazione per la Liberazione della Palestina aveva raggiunto un accordo con Israele e alcune settimane prima aveva ritirato da Beirut per mare i suoi ultimi combattenti. Perciò nessun miliziano armato custodiva l’entrata dei campi e solo un pugno di giovani offrirono resistenza armata agli aggressori…(omissis).
Dettai la cronoca per telefono dal centro stampa militare israeliano urlando. Riferii che il massacro era stato perpetrato dalla falange cristiana di Saad Haddad creata da Israele nel 1976, e con la complicità passiva dell’esercito israeliano i cui carri armati circondavano i campi. Quando finii due soldati israeliani, di origine argentina e uruguaiana, si rivolsero a me: “crediamo che si sia sbagliato, il nostro esercito non ha potuto agire come lei racconta” mi dissero.  Non mi ero sbagliato".

Nel suo libro Sabra e Shatila: inchiesta su un massacro (París, Seuil, 1892) il giornalista israeliano Amnon Kapeliouk riporta una conversazione telefonica del 16 settembre 1982, tra il generale Drori, artefice della presa di Beirut, e Ariel Sharon, ministro della difesa: “i nostri amici avanzano verso gli accampamenti. Abbiamo coordinato il loro ingresso” disse Drori. “Congratulazioni, la operazione dei nostri amici è stata approvata”, gli rispose Sharon. Quella notte cominciò il massacro che durò 40 ore…(omissis)

Israele nominò una commissione indipendente coordinata dal magistrato Isaac Kahane per investigare sulla tragedia. Arrivò alla conclusione che la responsabilità ricadeva sulle milizia cristiane, ma anche indirettamente su Ariel Sharon. Malgrado ciò Sharon fu nominato ministro degli esteri nel 1996 e primo ministro nel 2001”.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato il massacro con una risoluzione del 16 dicembre 1982, ma nonostante la condanna della comunità internazionale nessun responsabile è mai stato processato e condannato. Nel giugno del 2001 il Belgio cercò di aprire un processo sulla base di una legge che stabilisce la giurisdizione universale dei tribunali belgi per crimini contro l’umanità. Helie Hobeika, comandante delle falangi cristiane-maronite ritenuto responsabile materiale dell’eccidio, fu chiamato a testimoniare, ma nel gennaio del 2002 morì in un attentato!.
mg


 APPROFONDIMENTIAPPROFONDIMEN

drammaturgo e poeta francese che fu testimone dell’eccidio e scrisse il testo ormai noto “Quattro ore a Shatila”, pubblicato nell’inverno del 1983 sulla Revue d’Etudes Palestiniennes (in Italia da Gamberetti Editore - 2002).