giugno 15, 2013

AFRICA. Il Protocollo di Maputo sui diritti delle donne africane, una tappa importante di un difficile percorso









       Dieci anni fa (11 luglio 2003), in occasione del secondo vertice dell'Unione Africana (UA) svoltosi nella capitale del Mozambico veniva adottato il Procollo di Maputo,  una convenzione che chiede con forza ai rappresentanti dei governi africani l’impegno a farsi carico dell’eliminazione di tutte le forme di discriminazione e violenza verso le donne, e l’avvio di una politica di parità fra i sessi in tema di diritti e di doveri. Il documento è stato firmato da 48 dei 54 Stati membri dell'UA, e ad oggi  ratificato da 36 Stati (v. l'elenco). Nessuno fra questi ultimi, tuttavia, eccetto la Libia, appartiene al Nord-Africa.






       Il  protocollo di Maputo prende in considerazione alcuni aspetti di fondamentale importanza per l’emancipazione e l’empower­ment delle donne africane, coprendo un’ampia varietà di temi: dall’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione al diritto alla vita, all’integrità ed alla sicurezza fisica, dalla protezio­ne in occasione di conflitti armati al diritto all’istruzione ed alla formazione, dai diritti econo­mici ai diritti alla salute ed alla riproduzione.

      Coraggiosa è la definizione di violenza contro le donne:
 "Violenza contro le donne" significa ogni atto perpetrato contro le donne che sia causa o possa essere causa di un danno fisico, sessuale, psicologico ed economico a loro carico, compresa la minaccia di porre in essere un tale atto; ovvero la messa in atto dell'imposizione di restrizioni arbitrarie o la privazione di fondamentali libertà nella vita pubblica o privata, in tempo di pace o in situazioni di conflitto armato o guerra. Una definizione "forte" che include non soltanto gli atti  a sfondo sessuale, ma anche tutti gli atti privativi delle libertà fondamentali di una persona di genere femminile.

     Diversi articoli del Protocollo impegnano gli Stati parte a modificare i modelli culturali e comportamentali e ad eliminare quegli stereotipi che mantengono le donne in condizione di inferiorità:
"Gli Stati Parti si impegnano a modificare i modelli comportamentali in campo sociale e culturale di donne e uomini attraverso l'istruzione pubblica, l'informazione, strategie di educazione e comunicazione, al fine di conseguire l'eliminazione delle prassi culturali e tradizionali pregiudizievoli nonché le altre prassi basate sull'idea di inferiorità o superiorità dell'uno o dell'altro sesso o su ruoli femminili e maschili stereotipati"

Articoli specifici sono dedicati alla dignità e all'integrità come diritti umani fondamentali della donna e una norma particolare impegna gli stati a impedire lo sfruttamento e l'abuso del corpo femminile nella pubblicità e nella pornografia.  
    Un ampio risalto è inoltre assunto dalle tematiche legate al matrimonio ed alle pratiche discriminatorie a questo connesse (poligamia, matrimonio precoce, ecc.), in relazione alle quali viene fissato (articolo 6 del protocollo) il principio del ri­spetto della libertà decisionale della donna, anche attraverso l’indicazione dell’età minima di 18 anni, e richiesta la registrazione legale dell’unione coniugale, in coerenza con quanto stabilito dalle diverse legislazioni nazionali.

Uno degli aspetti basilari riguarda le pratiche tradizionali dannose alla salute ed alla dignità della donna e delle bambine, tra le quali rientrano le mutila­zioni genitali femminili (articolo 5), che vengono espressamente condannate incoraggiando, al contempo, l’adozione di sanzioni severe.

Riteniamo importante portare questo documento a conoscenza dell'intera società italiana e in particolar modo di tutti coloro che nel nostro paese lavorano in difesa dei diritti delle donne, di tutte le donne.
Auspichiamo che i processi di ratifica del Protocollo da parte dei Paesi che non l’hanno ancora fatto, e la concreta applicazione dei princìpi in esso contenuti da parte di quelli che vi hanno già provveduto, vengano sostenuti ed incoraggiati dai movimenti femminili attivi nel continente africano e sulla scena internazionale per permettere alle donne africane di poter contribuire allo sviluppo del proprio paese.

 Riportiamo qui sotto il testo della Convenzione.

Protocollo alla Carta Africana sui diritti dell’uomo e dei popoli
sui diritti delle donne in Africa
Data di adozione
11/07/2003

Data di entrata in vigore
25/11/2005

Organizzazione che ha prodotto il documento
UA- Unione Africana

Stati membri dell'UA che l'hanno firmato: 48
e che l'hanno ratificato al 21/02/2013: 36


Gli Stati Parti del presente Protocollo:

Considerato che l'art. 66 della Carta africana sui diritti umani e dei popoli prevede la stipula di protocolli o accordi speciali per corroborare, se necessario, le norme della Carta e che l'Assemblea dei capi di Stato e di governo dell'Organizzazione dell'Unità Africana, nella sua trentunesima sessione ordinaria tenutasi a Addis Abeba, Etiopia, nel giugno 1995, ha appoggiato con risoluzione AHG/Res. 240(XXXI) la raccomandazione rivolta alla Commissione africana dei diritti umani e dei popoli di elaborare un Protocollo sui diritti delle donne in Africa;
Considerato che l'art. 2 della Carta africana sui diritti dell'uomo e dei popoli contiene il principio di non discriminazione su base di razza, gruppo etnico, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o altra, origine nazionale e sociale, fortuna, nascita o altra condizione;
Considerato altresì che l'art. 18 della Carta africana sui diritti dell'uomo e dei popoli fa appello agli Stati Parti affinché eliminino ogni discriminazione contro le donne e garantiscano la protezione dei diritti delle donne come fissati nelle dichiarazioni e convenzioni internazionali;
Notando che gli articoli 60 e 61 della Carta africana sui diritti dell'uomo e dei popoli riconoscono negli strumenti regionali e internazionali sui diritti umani e nelle pratiche africane non in contrasto con le norme internazionali sui diritti dell'uomo e dei popoli degli importanti punti di riferimento per l'applicazione e l'interpretazione della Carta africana;
Ricordando che i diritti delle donne sono riconosciuti e garantiti in tutti gli strumenti internazionali sui diritti umani, in particolare nella Dichiarazione universale dei diritti umani, nel Patto internazionale sui diritti civili e politici, nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, nella Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e nel suo Protocollo opzionale, nella Carta africana sui diritti e il benessere del minore e in tutte gli altri patti e convenzioni internazionali e regionali riguardanti i diritti delle donne, come diritti umani inalienabili, interdipendenti e indivisibili;
Notando che i diritti delle donne e il ruolo loro essenziale per lo sviluppo sono stati riaffermati nei Piani d'azione delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (1992), sui diritti umani (1993), su popolazione e sviluppo (1994) e sullo sviluppo sociale (1995);
Richiamando inoltre la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 1325 (2000) sul ruolo delle donne nella promozione della pace e della sicurezza;
Riaffermando il principio della promozione dell'uguaglianza di genere come contenuto nell'Atto costitutivo dell'Unione Africana così come nella Nuova partnership per lo sviluppo dell'Africa, nonché in rilevanti dichiarazioni, risoluzioni e decisioni che sottolineano l'impegno degli Stati africani per assicurare la piena partecipazione delle donne africane come partner eguali nello sviluppo del continente africano;
Notando altresì che la Piattaforma d'azione africana e la Dichiarazione di Dakar del 1994 nonché la Piattaforma d'azione di Pechino del 1995 fanno appello a tutti gli Stati Membri delle Nazioni Unite, che si sono impegnati solennemente a dare loro attuazione, affinché assumano misure concrete per dare maggiore attenzione ai diritti umani delle donne allo scopo di eliminare ogni forma di discriminazione e di violenza basata sul genere portata verso le donne;
Riconoscendo il ruolo cruciale che hanno le donne nel preservare i valori africani, fondati sui principi di uguaglianza, pace, libertà, dignità, giustizia, solidarietà e democrazia;
Avendo in mente le pertinenti risoluzioni, dichiarazioni, raccomandazioni, decisioni, convenzioni e gli altri strumenti regionali e sub-regionali finalizzati ad eliminare ogni forma di discriminazione e a promuovere l'uguaglianza tra donne e uomini;
Preoccupati del fatto che, nonostante la ratifica della Carta africana sui diritti dell'uomo e dei popoli e degli altri strumenti internazionali sui diritti umani da parte della maggioranza degli Stati Parti e il loro solenne impegno ad eliminare ogni forma di discriminazione e di pratiche pregiudizievoli contro le donne, le donne in Africa continuano ancora ad essere vittime di discriminazioni e di pratiche sfavorevoli;
Fermamente convinti che ogni pratica che impedisce o danneggia la normalità della crescita e colpisce lo sviluppo fisico e psicologico delle donne e delle bambine dovrebbe essere condannata ed eliminata;
Determinati ad assicurare che i diritti delle donne siano promossi, realizzati e protetti al fine di metterle in condizione di godere pienamente di tutti i loro diritti umani

Hanno convenuto quanto segue:

Articolo 1.
Definizioni

Ai fini del presente Protocollo:

a) "Carta Africana" significa Carta Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli;
b) "Commissione Africana" è la Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli;
c) "Assemblea" è l'Assemblea dei capi di Stato e di governo dell'Unione Africana;
d) "UA" sta per Unione Africana;
e) "Atto costitutivo" è l'Atto costitutivo dell'Unione Africana;
f) "Discriminazione contro le donne" significa ogni distinzione, esclusione o restrizione o qualsiasi trattamento differenziale basato sul sesso il cui scopo o il sui effetto sia compromettere o distruggere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio da parte delle donne, indipendentemente dalla loro condizione maritale, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in qualunque sfera della vita;
g) "Pratiche pregiudizievoli" significa ogni comportamenti, atteggiamento e/o pratica che influenza negativamente i diritti fondamentali delle donne e delle bambine, come il loro diritto alla vita, alla salute, alla dignità, all'educazione, all'integrità fisica;
h) "NEPAD" è la Nuova partnership per lo sviluppo dell'Africa creata dall'Assemblea;
i) "Stati Parti" significa gli Stati Parti di questo Protocollo;
j) "Violenza contro le donne" significa ogni atto perpetrato contro le donne che sia causa o possa essere causa di un danno fisico, sessuale, psicologico ed economico a loro carico, compresa la minaccia di porre in essere un tale atto; ovvero la messa in atto dell'imposizione di restrizioni arbitrarie o la privazione di fondamentali libertà nella vita pubblica o privata, in tempo di pace o in situazioni di conflitto armato o guerra;
k) "Donne" significa persone di genere femminile, comprese le bambine.

Articolo 2.
Eliminazione della discriminazione contro le donne
1. Gli Stati Parti combattono ogni forma di discriminazione contro le donne attraverso appropriate misure di ordine legislativo, istituzione e altro. A tale fine essi:
a) inseriscono nelle proprie costituzioni nazionali e in altri strumenti legislativi, se già non è stato fatto, il principio di uguaglianza tra donne e uomini e assicurano la sua effettiva applicazione;
b) adottano e attuano effettivamente adeguate misure legislative o regolamentali, comprese quelle tese a proibire e contrastare tutte le forme di discriminazione e in particolare le pratiche che mettono in pericolo la salute e il benessere complessivo delle donne,
c) adottano nelle loro decisioni politiche e normative, nei piani di sviluppo, nelle programmazioni, nelle attività e in ogni altra sfera una prospettiva di genere;
d) adottano azioni correttive e positive nelle aree in cui di fatto e di diritto persiste una discriminazione contro le donne;
e) sostengono le iniziative a livello locale, nazionale, regionale e continentale volte a sradicare ogni forma di discriminazione contro le donne.
2. Gli Stati Parti si impegnano a modificare i modelli comportamentali in campo sociale e culturale di donne e uomini attraverso l'istruzione pubblica, l'informazione, strategie di educazione e comunicazione, al fine di conseguire l'eliminazione delle prassi culturali e tradizionali pregiudizievoli nonché le altre prassi basate sull'idea di inferiorità o superiorità dell'uno o dell'altro sesso o su ruoli femminili e maschili stereotipati.

Articolo 3.
Diritto alla dignità
1. Ogni donna ha il diritto alla dignità inerente in ogni essere umano e al riconoscimento dei suoi diritti di essere umano e di soggetto giuridico.
2. Ogni donna ha il diritto al rispetto in qualità di persona e al libero sviluppo della propria personalità.
3. Gli Stati Parti adottano e attuano misure appropriate per proibire ogni sfruttamento o svilimento delle donne.
4. Gli Stati Parti adottano e attuano misure appropriate per garantire la protezione del diritto di ogni donna al rispetto della propria dignità e la protezione delle donne da ogni forma di violenza, in particolare la violenza sessuale e verbale.
Articolo 4.
Diritti alla vita, all'integrità e alla sicurezza della persona
1. Ogni donna ha diritto al rispetto della propria vita e all'integrità e sicurezza della propria persona. Tutte le forme di sfruttamento, di punizione e trattamento crudele inumane o degradanti sono vietate.
2. Gli Stati Parti adottano misure adeguate ed effettive al fine di:
a) approvare e applicare leggi che proibiscano ogni forma di violenza contro le donne, compreso il sesso non voluto o forzato, che la violenza abbia luogo nella sfera pubblica o in quella privata;
b) approvare altre misure legislative, amministrative, sociali ed economiche che risultino necessarie per assicurare la prevenzione, la punizione e la radicale eliminazione di tutte le forme di violenza contro le donne;
c) identificare le cause e le conseguenze della violenza contro le donne e prendere le iniziative appropriate per prevenirla e combatterla;
d) promuovere attivamente l'educazione alla pace attraverso curricoli e iniziative di comunicazione sociale volte a estirpare gli elementi nelle credenze tradizionali e culturali, le pratiche e gli stereotipi che legittimano e corroborano la persistenza e la tolleranza verso la violenza contro le donne;
e) punire coloro che commettono violenza contro le donne e attuare programmi di riabilitazione delle donne vittime di tali violenze;
f) istituire meccanismi e servizi accessibili per l'effettiva informazione, riabilitazione e riparazione per le donne vittime di violenza;
g) prevenire e contrastare il traffico di donne, perseguire penalmente i responsabili di tale traffico e proteggere le donne maggiormente a rischio;
h) vietare ogni sperimentazione medica o scientifica sulle donne senza il loro consenso informato;
i) fornire risorse di bilancio e di altro genere adeguate per l'attuazione e il monitoraggio di azioni volte a prevenire e sradicare la violenza contro le donne;
j) assicurare che, nei paesi in cui è ancora in vigore la pena di morte, questa non venga eseguita nei riguardi di donne incinte o con bambini piccoli;
k) assicurare che donne e uomini godano di diritti uguali in termini di accesso allo status di rifugiato, procedure di determinazione e che alle donne rifugiate sia data completa protezione e i benefici garantiti dalle norme internazionali sui rifugiati, compresi i loro documenti di identità e gli altri documenti.

Articolo 5.
Eliminazione delle pratiche pregiudizievoli
Gli Stati Parti proibiscono e condannano ogni forma di pratiche pregiudizievoli che si ripercuotono negativamente sui diritti umani delle donne e contrari agli standard internazionalmente riconosciuti. Gli Stati Parti adottano ogni misura legislativa o di altro tipo per eliminare tali pratiche, comprese le seguenti:
a) sensibilizzazione in tutti i settori sociali in tema di pratiche pregiudizievoli attraverso l'informazione, l'educazione formale e informale e programmi di recupero;
b) proibizione, anche attraverso provvedimenti legislativi forniti di adeguata sanzione, tutte le forme di mutilazioni genitali femminili, scarificazioni, trattamento medico o paramedico delle mutilazioni genitali femminili e ogni altra pratica, al fine di sradicarle;
c) previsione delle forme necessarie di sostegno alle vittime delle pratiche pregiudizievoli attraverso servizi essenziali quali servizi medici, legali, sostegno giudiziario, assistenza emotiva e psicologica, nonché formazione professionale al fine di rendere le donne capaci di sostenersi reciprocamente;
d) protezione delle donne che corrono il rischio di essere sottoposte a pratiche pregiudizievoli o ad ogni altra forma di violenza, abuso e intolleranza.

Articolo 6.
Matrimonio
Gli Stati Parti assicurano che le donne e gli uomini godano eguali diritti e siano considerati alla pari nel matrimonio. Gli Stati adotteranno provvedimenti legislativi a livello nazionale per garantire che:
a) nessun matrimonio possa avvenire senza il pieno e libero consenso dei due coniugi;
b) l'età minima per il matrimonio della donna sia fissata a 18 anni;
c) sia incoraggiata la monogamia come forma preferenziale di matrimonio a che i diritti delle donne nel matrimonio e nella famiglia, compreso l'ambito dei rapporti maritali poligamici, siano promossi e tutelati;
d) di ogni matrimonio vi sia traccia per iscritto e sia registrato secondo le leggi nazionali in modo da risultare legalmente riconosciuto;
e) il marito e la moglie scelgano concordemente il regime matrimoniale e il luogo di residenza;
f) la donna sposata abbia il diritto di mantenere il proprio nome da nubile, di usarlo a proprio piacere insieme al cognome del marito o separatamente;
g) la donna abbia il diritto di mantenere la propria nazionalità o acquisire la nazionalità del marito;
h) la donna e l'uomo abbiano uguali diritti rispetto alla nazionalità dei figli, salvo quando ciò contrasti con la legislazione nazionale o sia contrario agli interessi della sicurezza nazionale;
i) la donna e l'uomo contribuiscano insieme a salvaguardare l'interesse della famiglia, proteggendo ed educando i figli;
j) durante il matrimonio, la donna abbia il diritto di acquistare beni in proprietà e di amministrarli e gestirli liberamente.
Articolo 7.
Separazione, divorzio e annullamento del matrimonio
Gli Stati Parti adotteranno una legislazione adeguata per assicurare che le donne e gli uomini godano degli stessi diritti in caso di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio. In tal senso, essi garantiscono che:
a) la separazione, il divorzio o l'annullamento del matrimonio siano dichiarati con ordine dell'autorità giudiziaria;
b) le donne e gli uomini hanno gli stessi diritti di chiedere separazione, divorzio o annullamento del matrimonio;
c) in caso di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio, donne e uomini hanno diritti e responsabilità reciproche verso i loro figli. In ogni caso, gli interessi dei figli dovranno essere tenuti nella massima considerazione;
d) in caso di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio, donne e uomini hanno diritto ad una divisione equa dei beni comuni derivanti dal matrimonio.
Articolo 8.
Accesso alla giustizia e pari protezione davanti alla legge
Donne e uomini sono uguali di fronte alla legge e hanno diritto a pari protezione e vantaggi dalla legge. Gli Stati Parti adottano ogni misura appropriata per assicurare:
a) effettivo accesso da parte delle donne ai servizi giudiziari e legali, ivi compreso il gratuito patrocinio;
b) sostegno alle iniziative a livello locale, nazionale, regionale e continentale dirette a offrire alle donne accesso ai servizi legali, compreso il gratuito patrocinio;
c) istituzione di adeguate strutture educative e di altro tipo particolarmente indirizzate alle donne e sensibilizzare il pubblico sui diritti delle donne;
d) che gli organi incaricati del rispetto della legge ad ogni livello dispongano di strumenti che li rendano effettivamente interpreti e realizzatori dei diritti all'eguaglianza di genere;
e) che le donne siano rappresentate equamente nell'ordine giudiziario e negli organi incaricati del rispetto della legge;
f) la riforma delle norme e delle prassi esistenti di tipo discriminatorio, al fine di promuovere e proteggere i diritti delle donne.

Articolo 9.
Diritto di partecipare ai processi politici e decisionali
1. Gli Stati Parti adottano specifiche azioni di sostegno per promuovere forme di governo partecipative e l'equa partecipazione delle donne nella vita politica dei loro paesi attraverso azioni positive, ponendosi in condizione, con la legislazione nazionale e attraverso altre misure, di assicurare che:
a) le donne partecipino senza discriminazione in tutte le elezioni;
b) le donne siano rappresentante equamente rispetto agli uomini in tutti i processi elettorali;
c) donne e uomini siano interlocutori paritari a tutti i livelli nella elaborazione e nell'attuazione delle politiche statali e dei programmi di sviluppo.
2. Gli Stati Parti assicurano una crescente ed effettiva partecipazione delle donne a tutti i livelli decisionali.
Articolo 10.
Diritto alla pace
1. Le donne hanno diritto a vivere in pace e il diritto di partecipare alla promozione e al mantenimento della pace.
2. Gli Stati Parti adottano ogni misura appropriata per garantire una crescente partecipazione delle donne nei seguenti ambiti:
a) programmi di educazione per la pace e la cultura di pace;
b) istituzioni e processi di prevenzione, gestione e risoluzione del conflitto a livello locale, nazionale, regionale, continentale e internazionale;
c) meccanismi decisionali a livello locale, nazionale, regionale, continentale e internazionale finalizzati a garantire la tutela fisica, psicologica, sociale e legale di richiedenti asilo, rifugiati e profughi, specialmente donne;
d) a tutti i livelli delle strutture create per la gestione dei campi e degli insediamenti che ospitano richiedenti asilo, rifugiati, profughi e profughi in fase di rientro, in particolare donne;
e) in tutti i momenti della pianificazione, formulazione e attuazione dei programmi di ricostruzione e riabilitazione successivi ad un conflitto.
3. Gli Stati Parti assumono le misure necessarie per ridurre in modo significativo le spese militari, a vantaggio di investimenti per lo sviluppo sociale in generale e per la promozione delle donne in particolare.
Articolo 11.
Protezione delle donne nei conflitti armati
1. Gli Stati Parti si impegnano a garantire il rispetto delle norme di diritto internazionale umanitario applicabili alle situazioni di conflitto armato che colpiscono la popolazione e in particolare le donne.
2. In caso di conflitto armato gli Stati Parti, secondo quanto loro impone il diritto internazionale umanitario, proteggono i civili, comprese le donne, senza considerare la popolazione a cui tali civili – e in particolare le donne – appartengono.
3. Gli Stati Parti proteggono le donne che si trovano nella condizione di richiedenti asilo, rifugiate, profughi interni e in rientro contro ogni forma di violenza, lo stupro e ogni altra forma di sfruttamento sessuale, e per garantire che tali atti siano considerati crimini di guerra, genocidio e/o crimini contro l'umanità e che chi li pone in essere sia incriminato penalmente davanti ad una corte competente.

Articolo 12.
Diritto all'educazione e alla formazione
1. Gli Stati Parti adottano tutte le misure appropriate al fine di:
a) eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e garantire loro pari opportunità e accesso all'ambito dell'istruzione e della formazione professionale;
b) eliminare gli stereotipi che perpetuano tali discriminazioni nei libri di testo, nei programmi scolastici e nei media;
c) tutelare le donne, specialmente bambine e ragazze, rispetto ad ogni forma di abuso, comprese le molestie sessuali a scuola e nelle altre istituzioni educative e prevedere sanzioni a carico di chi le pone in essere;
d) prevedere l'accesso a servizi di aiuto e riabilitativi per le donne che subiscono abusi o molestie sessuali;
e) inserire le tematiche di genere e l'educazione ai diritti umani a tutti i livelli nei programmi educativi, compreso nella formazione degli insegnanti.
2. Gli Stati Parti adottano specifiche misure di sostegno per:
a) promuovere l'alfabetizzazione delle donne;
b) promuovere l'istruzione e la formazione delle donne a tutti i livelli e in tutte le discipline, in particolare nell'ambito scientifico e tecnologico;
c) promuovere l'iscrizione e la permanenza delle ragazze a scuola e in altri istituti di formazione, nonché l'organizzazione di programmi per donne che hanno lasciato prematuramente la scuola.

Articolo 13.
Diritti di cittadinanza sociale ed economica
Gli Stati Parti adottano e danno applicazione a misure legislative e di altro genere per garantire alle donne pari opportunità di lavoro e di avanzamento di carriera, nonché altre opportunità economiche. A tale proposito, gli Stati:
a) promuovono l'eguaglianza nell'accesso all'impiego;
b) promuovono il diritto all'eguale remunerazione per lavoro di pari valore svolto da donne e uomini;
c) assicurano la trasparenza nel processo di reclutamento, avanzamento e dismissione del personale femminile e contrastano e puniscono le molestie sessuali sul posto di lavoro;
d) garantiscono alle donne il diritto di scegliere la loro occupazione e le proteggono dallo sfruttamento da parte dei datori di lavoro che violino o abusino dei diritti fondamentali riconosciuti e tutelati dalle convenzioni, dalle leggi e dai regolamenti in vigore;
e) creano condizioni che consentano la promozione e il sostegno all'occupazione e all'attività economica delle donne, in particolare nell'ambito del settore informale;
f) istituiscono un sistema di assistenza e di sicurezza sociale per le donne che lavorano nel settore informale e le sensibilizzino rispetto all'importanza di aderirvi;
g) introducono un'età minima per lavorare e proibiscono l'impiego di bambini al di sotto di tale età, vietando, contrastando e punendo ogni forma di sfruttamento dei bambini, specialmente delle bambine;
h) prendono i provvedimenti necessari per riconoscere il valore economico del lavoro domestico delle donne;
i) garantiscono in misura adeguata congedi pagati per maternità prima e dopo il parto nei settori privato e pubblico;
j) garantiscono l'applicazione eguale delle leggi fiscali a donne e uomini;
k) riconoscono e danno applicazione al diritto delle donne salariate agli stessi assegni e titolarità attribuiti agli uomini per la moglie e i figli a carico;
l) riconoscono che a entrambi i genitori spetta la responsabilità principale per la l'accudimento e lo sviluppo dei figli, mentre la responsabilità secondaria per tale funzione sociale è dello Stato e del settore privato
m) adottano misure legislative e amministrative efficaci per impedire lo sfruttamento e l'abuso delle donne nella pubblicità e nella pornografia.

Articolo 14.
Diritti in materia di salute e salute riproduttiva
1. Gli Stati Parti assicurano che il diritto delle donne alla salute, compresa la salute sessuale e riproduttiva, sia rispettato e sostenuto. Tale diritto comprende:
a) il diritto al controllo sulla propria fertilità;
b) il diritto di decidere se avere o non avere figli, il numero di figli e la distanza tra una gravidanza e l'altra;
c) il diritto di scegliere l'uno o l'altro mezzo di contraccezione;
d) il diritto di tutelarsi e di essere tutelate in relazione alle infezione sessualmente trasferibili, compreso l'HIV/AIDS;
e) il diritto di ogni donna ad essere informata in merito al proprio stato di salute e allo stato di salute del proprio partner, in particolare nel caso sia affetto da infezione sessualmente trasmissibile, compreso l'HIV/AIDS, nel rispetto degli standard e delle migliori pratiche internazionalmente riconosciute;
g) il diritto all'educazione alla pianificazione familiare.
2. Gli Stati Parti assumono misure adeguate al fine di:
a) fornire servizi sanitari adeguati, a buon prezzo e accessibili, compresi programmi di informazione, di educazione e di comunicazione per le donne, in particolare le donne in aree rurali;
b) istituire e rafforzare i servizi sanitari e nutrizionali per il parto e le fasi pre- e post-parto e prenatali già esistenti per le donne durante la gravidanza e l'allattamento al seno;
c) proteggere i diritti riproduttivi delle donne autorizzando l'aborto terapeutico nei casi di violenza sessuale, stupro, incesto e quando portare avanti la gravidanza comporterebbe la salute mentale e fisica della donna o la vita della donna o del feto.

Articolo 15.
Diritto alla sicurezza alimentare
Gli Stati Parti garantiscono che le donne abbiano il diritto a cibo adeguato in quantità e in valore nutritivo. A tale riguardo, essi adottano misure idonee al fine di:
a) dare alle donne accesso ad acqua potabile pulita, a combustibile per la produzione domestica del cibo, a terreno coltivabile e a mezzi per la produzione di cibo di adeguato valore nutritivo;
b) creare sistemi di fornitura e stoccaggio idonei a garantire la sicurezza alimentare.
Articolo 16.
Diritto ad un alloggio adeguato
Le donne hanno il diritto ad un accesso eguale all'alloggio e a condizioni di vita accettabili in un ambiente sano. Per attuare tale diritto, gli Stati Parti garantiscono alle donne accesso alla casa indipendentemente dal loro stato maritale.
Articolo 17.
Diritto ad un contesto culturale positivo
1. Le donne hanno il diritto di vivere in un contesto culturale positivo e di partecipare a tutti i livelli alla determinazione delle politiche culturali.
2. Gli Stati Parti assumeranno tutte le misure idonee ad accrescere la partecipazione delle donne nella formulazione delle politiche culturali a tutti i livelli.
Articolo 18.
Diritto ad un ambiente sano e sostenibile
1. Le donne hanno diritto di vivere in un ambiente sano e sostenibile.
2. Gli Stati Parti adottano misure appropriate al fine di:
a) assicurare una maggiore partecipazione delle donne nella pianificazione, gestione e conservazione dell'ambiente e l'uso sostenibile delle risorse naturali a tutti i livelli;
b) promuovere ricerca e sviluppo sulle fonti di energie innovative e rinnovabili, comprese le tecnologie informatiche e facilitare l'accesso delle donne e la partecipazione al controllo di tali tecnologie;
c) proteggere e rendere possibile lo sviluppo dei sistemi di conoscenza delle donne indigene;
d) regolamentare la gestione, il trattamento, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti prodotti all'interno dello Stato;
e) assicurare che nello stoccaggio, trasporto e smaltimento dei rifiuti tossici siano rispettati degli standard appropriati.
Articolo 19.
Diritto ad uno sviluppo sostenibile
Le donne hanno il diritto di godere pienamente del diritto allo sviluppo sostenibile. In tale quadro, gli Stati Parti adotteranno misure appropriate per:
a) introdurre la prospettiva di genere nei processi di pianificazione nazionale dello sviluppo;
b) assicurare la partecipazione delle donne a tutti i livelli nell'ideazione, decisione, attuazione e valutazione di programmi e politiche di sviluppo;
c) promuovere l'accesso delle donne e il controllo sui fattori produttivi quali la terra e garantire il loro diritto di proprietà;
d) promuovere l'accesso delle donne ai servizi di credito, formazione, e qualificazione ed estensione delle competenze nelle aree rurali come in quelle urbane, allo scopo di incrementare la qualità della vita delle donne e ridurre il livello di povertà femminile;
e) prendere in considerazione gli indicatori di sviluppo umano specificamente riferiti alle donne nell'elaborazione delle politiche e dei programmi di sviluppo;
f) assicurare che gli effetti negativi della globalizzazione o qualsiasi conseguenza dannosa dell'attuazione di programmi e politiche in materia economica e commerciale siano ridotte al minimo per le donne.
Articolo 20.
Diritti delle vedove
Gli Stati Parti adottano appropriate misure legali per garantire che le vedove godano di tutti i diritti umani attraverso l'attuazione delle seguenti disposizioni:
a) le vedove non sono soggette a trattamenti inumani, umilianti o degradanti;
b) una vedova assume automaticamente la tutela e la custodia dei propri figli alla morte del marito, salvo che ciò sia contrario agli interessi e al benessere dei figli;
c) la vedova ha diritto di risposarsi e, in tale eventualità, a sposare una persona di sua scelta.

Articolo 21.
Diritto ad ereditare
1. La vedova ha diritto ad una quota equa dell'asse ereditario del marito. La vedova ha diritto di continuare a vivere nell'abitazione coniugale. In caso di nuove nozze, la donna mantiene tale diritto se l'abitazione è di sua proprietà o è stata ricevuta in eredità.
2. Donne e uomini hanno diritto di succedere, secondo quote equamente stabilite, nella proprietà dei genitori.
Articolo 22.
Protezione speciale per le donne anziane
Gli Stati Parti si impegnano a:
a) fornire protezione alle donne anziane e adottare misure specifiche proporzionate ai loro particolari bisogni fisici, economici e sociali, nonché alle loro possibilità di accesso all'impiego e alla formazione professionale;
b) assicurare il diritto delle donne anziane alla libertà dalla violenza, compreso l'abuso sessuale, la discriminazione fondata sull'età e il diritto ad essere trattate con dignità.

Articolo 23.
Protezione speciale delle donne con disabilità
Gli Stati Parti si impegnano a:
a) garantire la protezione delle donne con disabilità e adottare specifiche misure proporzionali alle loro esigenze fisiche, economiche e sociali per facilitare il loro accesso all'impiego, alla formazione e all'addestramento professionale, nonché la loro partecipazione alle istanze decisionali;
b) assicurare alle donne con disabilità il diritto di libertà dalla violenza, compreso l'abuso sessuale, e dalla discriminazione fondata sulla disabilità e godano del diritto di essere trattate con dignità.

Articolo 24.
Protezione speciale per le donne in stato di bisogno
Gli Stati Parti si impegnano a:
a) assicurare la protezione delle donne povere e delle donne capofamiglia, comprese le donne appartenenti a gruppi emarginati della popolazione e fornire loro un ambiente adatto alla loro condizione e ai loro particolari bisogni fisici, economici e sociali;
b) garantire i diritti delle donne in stato di gravidanza o con figli in tenera età ovvero delle donne detenute disponendo per loro un ambiente adatto alla loro condizione e il diritto di essere trattate con dignità.
Articolo 25.
Garanzie
Gli Stati Parti si impegnano a:
a) fornire appropriati rimedi legali a vantaggio di qualunque donna i cui diritti e libertà riconosciuti in questo documento siano stati violati;
b) assicurare che tali rimedi siano decisi dalle competenti autorità giudiziarie, amministrative o legislative o da qualunque altra autorità competente prevista dalla legge.

Articolo 26.
Applicazione e vigilanza
1. Gli Stati Parti assicurano l'attuazione del presente Protocollo a livello nazionale; nei loro rapporti periodici presentati ai sensi dell'art. 62 della Carta Africana, essi indicano le misure legislative e di altro tipo intraprese per la piena realizzazione dei diritti qui riconosciuti.
2. Gli Stati Parti si impegnano ad adottare ogni misura necessaria, allocando in particolare le necessarie risorse finanziarie o di altro genere, per la piena ed effettiva attuazione dei diritti riconosciuti in questo strumento.

Articolo 27.
Interpretazione
Le questioni interpretative derivanti dall'applicazione o dall'attuazione del presente Protocollo sono di competenza della Corte Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli.

Articolo 28.
Firma, ratifica, accessione
1. Il presente Protocollo è aperto alla firma, ratifica e accessione da parte degli Stati Parti, secondo le rispettive procedure costituzionali.
2. Gli strumenti di ratifica o di accessione sono depositati presso il Presidente della Commissione dell'UA.
Articolo 29.
Entrata in vigore
1. Il presente Protocollo entra in vigore trenta giorni dopo il deposito del quindicesimo strumento di ratifica.
2. Per ciascuno Stato Parte che acceda a questo Protocollo dopo la sua entrata in vigore, il Protocollo entrerà in vigore alla data del deposito dello strumento di accessione.
3. Il Presidente della Commissione dell'UA notifica a tutti gli Stati Membri dell'Unione l'entrata in vigore del Protocollo.

Articolo 30.
Emendamenti e revisione
1. Ogni Stato Parte può proporre proposte per l'emendamento o la revisione del presente Protocollo.
2. Le proposte di emendamento o revisione sono presentate per iscritto al Presidente della Commissione dell'UA il quale trasmette la proposta agli Stati Parti entro trenta giorni dal ricevimento della proposta menzionata.
3. L'Assemblea, previa consultazione della Commissione Africana, esamina la proposta entro un periodo di un anno dalla notifica inviata agli Stati Parti secondo quanto disposto nel paragrafo 2 del presente articolo.
4. Gli emendamenti o la revisione sono adottati dall'Assemblea a maggioranza semplice.
5. L'emendamento entra in vigore per ciascuno Stato Parte che lo ha accettato trenta giorni dopo che il Presidente della Commissione dell'Unione Africana ha ricevuto notificazione dell'accettazione.

Articolo 31.
Valore del Protocollo
Nessuna disposizione del presente Protocollo impedisce che misure più favorevoli alla realizzazione dei diritti delle donne siano introdotte nella legislazione nazionale degli Stati Parti o in qualunque altra convenzione, trattato, accordo regionale, continentale o internazionale applicabile in tali Stati Parti.
Articolo 32.
Norme transitorie
In attesa della istituzione della Corte africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, le questioni interpretative derivanti dall'applicazione o dall'attuazione del presente Protocollo sono di competenza della Commissione africana dei diritti dell'uomo e dei popoli.



La versione italiana del testo è tratta dall'archivio del Centro interdipartimentale di ricerca sui diritti della persona e dei popoli "Pace Diritti Umani", Università di Padova.   
 
mg

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