luglio 15, 2013

EGITTO. Stupri di massa come arma di guerra


Ormai si contano a centinaia le aggressioni sessuali contro le donne che partecipano alle manifestazioni in piazza Tahrir. Molte donne hanno subìto un intervento chirurgico dopo essere state violentate, alcune di loro addirittura con oggetti appuntiti. Altre sono state picchiate con catene, bastoni e altri corpi contundenti o ferite con lame di coltelli. In soli quattro giorni sono un centinaio le donne che hanno subito violenza nella piazza (v.la Repubblica).

 
Joe Stork, vice direttore per il Medio Oriente di Human Rights Watch afferma “questi sono crimini gravissimi che tentano di dissuadere le donne dal partecipare alla vita pubblica in Egitto". Human Rights Watch  mette in evidenza infatti le modalità con cui avvengono le aggressioni, organizzate da gruppi perfino di 100 uomini. L’azione inizia quando un gruppo di una quindicina di uomini riesce a circondare una donna separandola dai suoi amici. Subito si formano diversi cordoni di uomini: il primo la butta a terra , la denuda e la viola sessualmente, il secondo e il terzo gruppo si incarica di evitare che qualcuno si avvicini. Di fronte alle modalità con cui avvengono è difficile credere che  tratti di episodi isolati e spontanei, ed appare invece ben evidente che si tratta di attacchi ben organizzati e orchestrati. (v. El Pais)

E’ molto difficile per una donna raccontare la violenza subita. Così il silenzio e l’omertà garantiscono impunità ai colpevoli. Però oggi qualcosa si sta muovendo: se in passato la media delle denunce da parte delle donne violentate era di una all'anno adesso il numero è molto più alto. Le donne oggi stanno parlando. Così afferma Azza Soliman, fondatrice del Centro di Assistenza Legale per le Donne Egiziane





Parallelamente sono nate diverse iniziative per proteggere le donne che partecipano alle manifestazioni da parte di attivisti e della società civile come quella dell’organizzazione di cordoni umani, ben evidenziata nella foto sottostante. 

La violenza sessuale come arma di guerra


Durante i conflitti, sia internazionali che interni, spesso vengono commessi stupri e violenze sessuali per scopi diversi: seminare terrore tra la popolazione, disgregare famiglie, distruggere le comunità modificandone la composizione etnica e come specifica forma di arma politica per polverizzare il fronte nemico .
Quello che sta succedendo in Egitto riporta alla mente le efferate violenze sessuali sistematicamente avvenute in Cile durante la dittatura del generale Pinochet (1973-1990) nei confronti delle donne militanti politiche. Nei loro confronti la violenza sessuale assolveva una funzione punitiva per aver oltrepassato il limite: in qualità di potenziali sovversive e per essersi spinte ben oltre il ruolo loro consentito e socialmente accettabile (v. il rapporto della Commissione Valech)

La violenza sessuale in situazioni di conflitto come crimine internazionale.


Per secoli, la violenza sessuale in situazioni di conflitto è stata tacitamente accettata e ignorata. Durante la Seconda Guerra Mondiale, tutte le parti del conflitto furono accusate di aver commesso stupri di massa, tuttavia nessuno dei due tribunali istituiti a Tokyo e a Norimberga dai paesi alleati risultati vittoriosi per perseguire i crimini di guerra hanno riconosciuto il reato di violenza sessuale.

É stato solo nel 1992, a fronte degli efferati stupri di donne avvenuti nella ex Yugoslavia, che il tema è giunto all’attenzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il 18 dicembre 1992, il Consiglio ha dichiarato la “prigionia di massa, organizzata e sistematica e lo stupro di donne, in particolare di donne musulmane, in Bosnia e in Erzegovina” un crimine internazionale che deve essere perseguito.
In seguito, lo Statuto del Tribunale Penale Internazionale per la ex Yugoslavia (ICTY, 1993) ha incluso lo stupro come crimine contro l’umanità e il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (ICTR, 1994) ha dichiarato che lo stupro è un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità (v. la giurisprudenza dei Tribunali speciali per la ex Jugoslavia e per il Ruanda nel rapporto della relatrice speciale ONU sulla violenza contro le donne).

Infine, lo Statuto della Corte Penale Internazionale in vigore da luglio 2002, considera lo stupro e le altre violenze di genere fra i crimini più gravi di interesse della comunità internazionale e li definisce come atti costitutivi di crimini contro l’umanità e crimini di guerra.


A partire dal 2000 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato importanti risoluzioni volte a potenziare da un lato le misure di contrasto alla violenza sessuale in situazioni di conflitto e dall’altro per dare l’avvio ad iniziative atte a garantire la partecipazione delle donne ai vertici degli organismi internazionali nella “prevenzione e risoluzione dei conflitti” e nelle operazioni di peacekeeping, partecipazione considerata elemento indefettibile per il mantenimento della pace. Risoluzione 1325 (2000); Risoluzione 1820 (2008); Risoluzione 1888 (2009); Risoluzione 1889 (2009); Risoluzione 1960 (2010).


Nel 2007 nasce UN Action Against Sexual Violence in Conflict, un'unità in seno alle Nazioni Unite il cui compito è coordinare il lavoro di 13 enti impegnati nella lotta contro le violenze sessuali nei conflitti.

Il rapporto dal titolo "Violenza sessuale in situazioni di conflitto"pubblicato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon  nel gennaio 2012, mette in evidenza come la violenza sessuale in situazioni di conflitto non sia una realtà limitata a una particolare area geografica, ma un problema di carattere globale; come venga utilizzata anche nel corso di elezioni politiche, scioperi e disordini civili e come essa rappresenti una minaccia per la sicurezza delle Nazioni, e costituisca  spesso un ostacolo all'instaurazione e al mantenimento della pace.  Un paragrafo specifico viene dedicato alle violenze sessuali avvenute in Egitto nel 2011 durante le sollevazioni popolari che misero fine alla dittatura di Mubarak.



Obblighi e responsabilità dello Stato



La recente giurisprudenza delle corti internazionali, in  particolare della Corte interamericana dei diritti umani, ha statuito che è obbligo inderogabile dello Stato investigare con la dovuta diligenza, giudicare e perseguire i responsabili degli episodi di violenza sessuale avvenuti nel proprio territorio nel corso di confitti armati o di violenza generalizzata,  nonché adottare politiche appropriate per sradicare e perseguire tali pratiche. Sulla base di tale orientamento la Corte ha emesso storiche sentenze di condanna nei confronti dei governi del Guatemala (2004), Perù (2006) e Messico (2009).  

 

La violenza sessuale in situazioni di conflitto come continuum della violenza in tempo di pace.

 

L'esercizio della violenza di genere  in situazioni di conflitto costituisce un continuum dei comportamenti discriminatori e violenti che avvengono in tempo di pace e un'estensione della distribuzione diseguale del potere economico e sociale fra i sessi. La violenza corre infatti sempre sul filo di sistemi di dominio e di potere fondati sulla razza, il sesso, condizioni sociali, nazionali ed etniche spesso interconnessi e che si alimentano reciprocamente. La violenza è il risultato della discriminazione e agisce come moltiplicatore della discriminazione.

La battaglia dei movimenti femminili sul fronte internazionale per ottenere strumenti normativi a carattere universale contro la discriminazione e la violenza è iniziata nel 1975 con la prima conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Città del Messico ed è proseguita con le altre  tre conferenze mondiali (Copenhagen 1980, Nairobi 1985 e Pechino 1995) convocate dalle Nazioni Unite nel corso dell’ultimo quarto di secolo.  

Nel 1993 la "Conferenza Mondiale sui diritti umani" tenutasi a Vienna riconosceva a pieno titolo la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani. Successivamente la "Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne" , assunta dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riconosceva che
"la violenza contro le donne è una manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e donne, che ha portato alla dominazione e alla discriminazione contro le donne da parte degli uomini e ha impedito il pieno avanzamento delle donne, e che la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini"

mg

   

 

 










 

 




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